C’è chi considera l’omosessualità o, nella fattispecie, l’amore per un compagno transessuale, un qualcosa che genera “infezione”. Una scelta, che poi scelta non è, una condizione emotivo affettiva così indegna e inaccettabile tanto da meritare la morte. Anche di una persona alla quale si è legati da un vincolo di sangue.
Maria Paola Gaglione è la vittima, 22enne, della furia inspiegabile di suo fratello, Michele Antonio, 30enne, entrambi residenti a Caivano, in provincia di Napoli. È stata uccisa perché la sua “colpa” era quella di essere innamorata di Ciro, il suo compagno trans: una relazione che per la concezione di Michele Antonio evidentemente non era consentita. Li ha inseguiti, speronati fino a provocarne la caduta dallo scooter su cui viaggiavano la giovane e il suo compagno: Maria Paola è morta sul colpo, Ciro è rimasto ferito, ma non in pericolo di vita.
È successo nella notte tra venerdì 11 e sabato 12 settembre. Era appena trascorsa una settimana da un altro drammatico episodio che aveva sconvolto l’opinione pubblica e chi, come AVIS, da sempre fa di inclusione e lotta alla discriminazione i propri valori fondanti: la brutale aggressione subita a Colleferro da Willy Monteiro, il 21enne di origini capoverdiane, picchiato fino alla morte da quattro balordi per aver difeso un suo amico.
Ora l’episodio di Caivano fa scattare un ennesimo campanello d’allarme, fortissimo. L’allarme per una costante e, pare, tristemente inarrestabile escalation di intolleranza in cui il colore della pelle e i gusti sessuali sono l’inquietante fil rouge che conduce allo stesso drammatico epilogo: quello di una vita che deve essere spezzata. L’allarme e la paura di migliaia di genitori che la sera vedono uscire i propri figli di casa e non sanno se potranno riabbracciarli perché, a quanto pare, vi è la fondata possibilità che possano essere puniti per un loro gesto di solidarietà, come nel caso di Willy, o per il loro amore verso il proprio compagno, come nel caso di Maria Paola.
Come ha sottolineato il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, «stiamo assistendo sempre più a un susseguirsi di eventi in cui la malsana ideologia di qualche singolo costa la vita a giovani che nulla fanno se non compiere gesti di solidarietà o vivere secondo i propri gusti e la propria emotività. Difendere un amico o avere un compagno trans diventa motivo di aggressione, di punizione per aver compiuto una scelta, per qualcuno, inaccettabile. Tanto da meritare la morte. Non è pensabile rimanere immobili a guardare il degrado socio-culturale in cui gran parte della collettività sta precipitando. Un degrado che la nostra associazione, da sempre, punta a combattere facendo dell’inclusione e della lotta a qualsiasi forma di discriminazione le colonne portanti del nostro lavoro e del nostro modo di pensare. È necessario che il dialogo, il rispetto e la parità di genere diventino una volta per tutte le parole d’ordine per azioni chiare ed efficaci a livello istituzionale, così da far cessare una volta per tutte tragedie di questo tipo che nulla hanno e possono avere a che fare con una società che si proclama costantemente libera e democratica. Rispetto e accoglienza devono essere capisaldi comportamentali e non slogan retorici da rilanciare solo in determinate occasioni. Solo così potremo evitare altri Willy e altre Maria Paola».
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