Ci sono dinastie regnati come i Windsor, dinastie aziendali come gli Agnelli, e poi ci sono loro, i Baiardi di Bulgarnò, che rappresentano un bellissimo esempio di ‘dinastia donante’.
Tutti in famiglia sono donatori di sangue. Hanno cominciato tanti anni fa i nonni Primo e Ivonne, hanno continuato papà Fabrizio (che ha al suo attivo 175 donazioni) e mamma Monica (che segue a ruota con 117 donazioni), e oggi siamo arrivati alla terza generazione con Luca (29 anni e 34 donazioni) e Alex (25 anni e 20 donazioni).
A raccontare la storia della famiglia è la mamma Monica Gollinucci. “Non so come hanno cominciato a donare i miei suoceri, ma li ho sempre visti molto coinvolti. Primo dava una mano anche come volontario, quando c’era da organizzare qualche iniziativa ed è andato anche ad aiutare per i lavori nella vecchia sede di via Serraglio. Io, invece, ho iniziato a donare quando ho compiuto 18 anni, nel 1987. Conoscevo già Fabrizio, che sarebbe diventato mio marito, e sapevo che era donatore: mi è sembrata una buona cosa e ho deciso di farlo anche io, e non mi sono mai pentita. Anche perché credo che donare sangue sia un modo molto concreto di aiutare gli altri: sai che la tua sacca servirà a curare qualcuno e hai la percezione di fare parte di una grande rete di solidarietà. È molto diverso rispetto alle elargizioni in danaro: mettere mano al portafoglio è facile e sbrigativo, prendi 10 euro e non ci pensi più. Essere donatore, invece, ti coinvolge maggiormente e richiede un impegno maggiore: devi essere sempre consapevole del tuo stato di salute e dei tuoi comportamenti, devi rispettare gli appuntamenti, mettere a disposizione un po’ del tuo tempo. Però, quando esci dopo il prelievo di sangue intero o di plasma, è impagabile la sensazione di aver fatto qualcosa di utile, di aver contribuito al bene di qualcuno. Per quanto mi riguarda, dopo una donazione sono proprio soddisfatta”.
I vostri figli sono cresciuti in una casa in cui donare sangue era la normalità. Siete stati voi genitori a convincerli?
“Il nostro esempio è stato sicuramente importante, ma non li abbiamo forzati in nessun modo. La loro è stata una scelta libera, e credo che abbia giocato un ruolo importante anche l’incontro a scuola con i volontari di Avis, che hanno presentato l’associazione, l’attività svolta, i risultati ottenuti. Sentire un’altra campana rispetto a quello che si dice in famiglia può essere più convincente per i ragazzi”.
Da donatrice di lungo corso, hai qualche suggerimento per trovare nuovi donatori?
“Difficile rispondere. Oggigiorno purtroppo tutti hanno mille impegni e sono sempre di corsa, e questo è un ostacolo per convincere le persone a intraprendere il percorso di donazione. Molti pensano che sia complicato e porti via molto tempo. Però mi sembra che quando Avis si fa vedere, partecipa alle varie manifestazioni, è presente con i suoi banchetti, la gente ascolta con interesse, e alla lunga questa strategia dà i suoi frutti. In questo senso, Avis Cesena ha davvero una marcia in più, perché promuove tante iniziative. E speriamo che tante persone si facciano coinvolgere sia nella donazione che nel volontariato con l’associazione, perché anche questo è un aspetto è importante”.